Lo sciagurato Douglas

Roberto Beccantini6 ottobre 2024

Dura solo un attimo, la gloria. Zoff gli intitolò la sua biografia. La Juventus gli ha dedicato l’1-1 con il Cagliari. E’ una frase che accompagna la vita e lo sport. Mai sedersi sugli allori, anche se Lipsia è ancora lì che brilla. Per la cronaca, e per la storia, Madama mica si è seduta. Ha cominciato a circondare Scuffet toreando e pressando. Ha trovato il gol, con Vlahovic, per un dito-comio «varista» di Luperto (dura lex sed lex). Avrebbe potuto raddoppiare con Koopmeiners, su tocco smarcante del serbo e, nella ripresa, ancora e sempre con Vlahovic. Una fotta madornale. Il peso del centravanti.

Ecco. Se non chiudi, il destino ti marca stretto. Mentre Nicola rinfrescava il settimo cavalleggeri, Motta inseriva, tra gli altri, Douglas Luiz. La nemesi non credeva ai suoi occhi. A Lipsia, entra e procura il rigore. Allo Stadium, entra e ne procura un altro: varista pure questo, per pedata a Piccoli. Era l’88’. Ciao Pep. Soprattutto, ciao Conceiçao, l’eroe di «Cermania». Già ammonito, si inabissa su tocco-spalla di Obert: simulazione e rosso. Il quale Obert colpirà un palo, addirittura.

Era l’unica Maginot imbattuta, la Vecchia. Non è questo il problema. Il problema è che la fabbrica produce abbastanza ma trasforma poco. Cosa puoi chiedere a Savona e Mbangula più di quello che stanno dando? E con Bremer, ceri e novene a Kalulu e Gatti. Non mi hanno meravigliato i ritmi bassi: la Champions ha un prezzo. I cambi, da Gaetano a Marin a Luvumbo, hanno spinto i sardi a giocarsi tutto alla lotteria dell’ultimo quarto d’ora. Yildiz lo avrei inserito prima. Se lo spirito è forte, la carne dell’attacco rimane debole, debolissima. Il possesso palla (74% a 26%) e i tiri globali (21 a 9) fanno da cornice a una singolare staffetta: lo sciagurato Douglas, dopo lo sciagurato Egidio. Il passato non è solo un participio.

Il peso del centravanti

Roberto Beccantini5 ottobre 2024

E’ stato il weekend dei centravanti (o di coloro che ne affittano il ruolo). Venerdì al Maradona, in Napoli-Como 3-1, Lukaku: tocco per McTominay, rigore, filtrante per Neres. Poi Bergamo: Atalanta-Genoa 5-1. C’erano una volta, nel Grifo, Retegui e Gudmundsson. Retegui c’è sempre, ma gioca per la Dea. Tripletta. Altre domande?

E veniamo a Inter-Torino 3-2. Cross di Bastoni da sinistra: testa (imperiale) di Thuram. Cross di Acerbi da sinistra, testa di Thuram. Cross da sinistra di Bastoni (again), tapin di Thuram. Tripletta pure lui. Mica è finita. Sul 2-0, pisolo di gruppo e zampatona di Zapata. Il quale Zapata – solo contro tutti, capitano degno di Walt Whitman – immolerà una gamba alla causa granata. Fuori in barella. Subito dopo, Calha su Masina: il rigore di Vlasic sistema il tabellino e l’orgoglio.

La trama, inaugurata da buffetti reciproci e una lecca di Ricci deviata da Sommer, l’ha pesantemente orientata il rosso «varista» a Maripan per una martellata a Thuram (e dai). Si era sullo 0-0. Non c’è stata più partita, se non negli episodi o per essi. In Europa, tra City e Stella Rossa, difesa ancora vergine. In campionato, viceversa, già 9 gol al passivo. A fronte dell’attacco più prolifico (16). Quando il calendario implode, la concentrazione oscilla e diventa una lotteria. E comunque tre vittorie in una settimana. I cali di tensione sono affiorati a ruota del raddoppio e del k.o. zapatesco. A Udine, sull’1-0 di Frattesi. Può essere che la nuova Champions succhi più energie, può essere il turnover, può essere tutto.

Il Toro – alla terza sconfitta, coppa compresa – si era presentato rispettoso al limite del timoroso. L’irruenza del cileno ha sgonfiato i piani di Vanoli (in tribuna, squalificato). Avrebbe potuto perdere di goleada. Graziato, si è aggrappato al cuore. Bremer a Lipsia, Zapata a San Siro: anche se in ginocchio, giganti. Sempre.

Signora da dieci

Roberto Beccantini2 ottobre 2024

Ci sono vittorie che passano, altre che restano. Come questa: Lipsia-Juventus 2-3. Dove porterà, non so. Ma resta. Resterà. Erano in dieci (espulso Di Gregorio) e sotto di un gol (mani-comio di Douglas Luiz, appena entrato, rigore di Sesko). Era il 58’. Ebbene: Thiago e i suoi non hanno fatto una piega. Palla avanti e aggredire. Chicca balistica di Vlahovic dal limite, ricamo di Conceiçao. E poi, chiaro, catenaccio e mischie, emozioni e preghiere. Con Fagioli, McKennie, Kalulu e il serbo una spanna sopra gli altri.

Si è giocato, tra un recupero e l’altro, per 106’. Che, nel calcio, non è più un’eternità. Al romanzo dell’epilogo si è arrivati attraverso un caos calmo che gli episodi hanno ben presto travolto e indirizzato verso burrasche salgariane. Nel giro di 10’, gli infortuni di Bremer e Nico. Dentro Gatti e Conceiçao. E poi la sassata di Sesko, 21 anni, su transizione di Openda e pisolo di Combiaso. Una volta, era lei, Madama, a segnare in contropiede; oggi, sono gli altri. Quando si battezza un’altra religione, i rischi diventano compagni. E non più banditi. O non solo banditi.

Le scelte di Thiago. Niente Locatelli, niente Thuram, niente Douglas Luiz (si è capito perché). Spazio a Fagioli e McKennie. Alé. Subito il centro del ring, gli avversari «bassi» (come il ritmo), ma rifiniture e tiri, zero virgola. Nella ripresa, fuochi d’artificio. Palo di Koopmeiners, gran girata di Vlahovic su cross di Cambiaso, palo di Openda, ennesima ripartenza e frittatona del portiere. Tocca a Douglas Luiz: penalty di barriera. Come non detto. Non escludo che Xavi Simons, Sesko e c. si siano sentiti in carrozza. La Juventus non ha sbandato. Ha continuato a palleggiare, con McKennie terzino destro. Ha cercato il pareggio, l’ha trovato con mister dodici milioni, alla terza doppietta, due lui e due Sesko, ma meglio lui,
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